La Regola d’Oro
La Regola d’Oro dell’autodifesa: NON ESSERE LI’
Voglio sottoporvi un episodio accaduto ad ottobre 2010 che ha fatto molto discutere l’opinione pubblica e che a mio avviso è esemplificativo di cosa può succedere se non si agisce pensando alla difesa come concetto, piuttosto che come serie di tecniche da eseguire. Analizziamo solo i fatti cercando di evitare i luoghi comuni, le implicazioni (di genere, di nazionalità) e le polemiche che ha suscitato l’episodio.
Stando alle testimonianze, due persone sono in fila alla biglietteria e uno dei due (l’uomo italiano) provoca l’altra (la donna rumena) perché (pare) non ha rispettato la fila (con una frase del tipo “ma a casa tua non si fanno le file?”). Sul momento non succede nulla, ma poi la donna aspetta fuori dalla biglietteria l’uomo e lo aggredisce prima verbalmente (con frasi del tipo “maleducato, impertinente”), poi lo segue ed inizia a strattonarlo (sembra che all’inizio sia lei a mettergli le mani addosso in maniera aggressiva, qualcuno riferisce “con calci negli stinchi”). L’uomo prosegue per la sua strada quasi indifferente, poi (e qui iniziano le riprese della telecamera) la donna lo ferma, iniziano a litigare da molto vicino, lui si avvicina sempre più (forse con minacce verbali o forse per uno sputo in faccia), lei lo colpisce su un braccio e lo offende… e poi le versioni sono discordanti.
Secondo alcuni lui si gira come per andare via ma, sentendo una frase del tipo “ti cavo gli occhi” e vedendo un movimento della donna vicino alla borsetta (movimento che lo avrebbe insospettito) si gira di scatto e “spinge” con il palmo aperto sul viso della donna. Secondo altri in principio l’uomo fa per andare via, ma poi ci ripensa subito e, per infierire, carica un vero e proprio colpo a mano aperta (si scoprirà dopo che non è stato un pugno) con l’intenzione non di spingere, ma proprio di percuotere.
Ebbene, chi ha sbagliato? Sicuramente se entrambi avessero osservato la regola d’oro del “non essere lì” tutto si sarebbe evitato. Non dimentichiamoci infatti che il risultato finale, oggettivo, è che un essere umano è morto e l’altro ha seri guai con la giustizia (in principio pochi giorni di carcere, poi gli arresti domiciliari).
Analizziamo le azioni in sequenza.
- Provocare una persona verbalmente per aver fatto qualcosa (saltare la fila) può essere giusto o ingiusto (non entro nel merito) e finché si tratta di parlare e basta credo ci sia poco da dire, ma vale la pena farlo?
- Sembra che la prima persona ad usare le mani sia stata la donna (anche se in maniera lieve, non causando nessuna lesione) che ha aspettato fuori l’uomo per vendicarsi del torto subito: anche qui, non è evidente che provocare con offese, minacce, anche alzando le mani (pur senza fare del male veramente) è un comportamento estremamente rischioso?
- Non trascuriamo poi la reazione dell’uomo: risponde alle offese con frasi del tipo “ma tu non sei normale” e rincara la dose con riferimenti alla nazionalità della donna, quindi in pratica non fa niente per difendersi, ma alimenta il fuoco del diverbio. Cammina e si allontana per la sua strada senza apparentemente curarsi di quello che potrebbe succedere.
- La donna taglia la strada all’uomo per fermarlo e costringerlo a continuare a discutere: la distanza di sicurezza non esiste, il diverbio diventa sempre più acceso.
- L’uomo sputa in faccia alla donna (o finta un’aggressione con la testa).
- La donna si gira come per difesa (o per evitare lo sputo).
- La donna colpisce il braccio dell’uomo.
- L’uomo si volta, poi ruota il corpo e colpisce (o spinge) il viso della donna.
- La donna sicuramente è stordita dal colpo poiché cade a corpo morto, battendo pericolosamente la testa.
Mi fermo volutamente qui: non voglio parlare della gente intorno, dei soccorsi, delle testimonianze, ecc. Al momento mi interessa far capire che tutte le 9 azioni sono errate: tutte, dalla 1 alla 9.
- Meglio non provocare in maniera aggressiva gli sconosciuti (donne o uomini che siano), soprattutto per motivi futili. Non sappiamo con chi abbiamo a che fare: può essere una persona già alterata per vari motivi, potrebbe essere molto suscettibile o peggio armata… in pratica non scateniamo l’ira senza motivo. Possiamo semplicemente osservare con calma e gentilezza che “c’eravamo prima noi nella fila” e cortesemente sorridere.
- La ritorsione o peggio la vendetta è sicuramente un comportamento “non sicuro”: aspettare qualcuno fuori dal locale scatena una reazione sicuramente uguale (se non maggiore) alla nostra… quindi aspettiamoci guai!
- Se nonostante tutti i nostri tentativi di stare lontano dai guai, capita che ci ingiuriano e ci provocano, sicuramente fare finta di nulla (magari con aria superiore) o peggio rincarare la dose con altre provocazioni non è affatto un comportamento “difensivo”: molto meglio guadagnare la distanza di sicurezza, scusarsi (anche se siamo convinti di avere ragione!?) per l’incomprensione e, caso ultimo, fuggire via! Infatti chi ci provoca o cerca di metterci le mani addosso (ad esempio con spintoni o facendo il gesto di colpire con uno schiaffo) probabilmente non ha intenzione di ucciderci, ma è comunque pericoloso perché sposta il piano della discussione dal diverbio a qualcosa di più violento di un semplice scambio di battute… qualcosa di incontrollato che può scatenare reazioni improvvise e che possono portare a situazioni spiacevoli per entrambi.
- Fermare qualcuno per strada trattenendolo da un braccio o tagliandogli la strada (e portandosi conseguentemente a distanza ravvicinata) è sbagliatissimo: è proprio un chiaro invito a non lasciar perdere, ma a continuare il diverbio fino a conseguenze imprevedibili.
A questo punto potrebbe sorgere spontanea una domanda: ma se mi iscrivo ad un corso di autodifesa perché non posso applicare quello che ho imparato? A cosa serve altrimenti? La risposta è semplicissima: nessun corso vi salverà da una situazione come questa, in cui si è arrivati (entrambi) al punto 4.
Perché? Per fare un esempio, sarebbe come volere una tuta di amianto per poter giocare liberamente con il fuoco e la benzina! Un conto è cercare di imparare a difendersi in situazioni di emergenza… diverso è invece sperare che vada sempre tutto come previsto, aspettandosi di poter affrontare qualunque situazione, senza mai rimetterci (anche fisicamente, non solo negli aspetti legali: chi entra in un combattimento volontariamente deve mettere in conto che può lasciare sul campo un dente, un occhio, il naso rotto, una costola incrinata… o peggio).
Una difesa deve essere estrema, cioè deve essere applicata nel momento del massimo bisogno, quando è in pericolo la nostra vita, la nostra integrità di esseri umani (o quella di una persona a noi cara e/o più debole e indifesa). Il caso qui analizzato è totalmente l’opposto: si scatena una lite per futili motivi, la si prosegue per una percezione sbagliata di “orgoglio” e “vendetta” e la conclusione è chiaramente svantaggiosa per entrambi: nessuno ne esce vincitore, entrambi sono gli sconfitti.
A mio avviso onore e orgoglio sono termini spesso fraintesi: battersi perché si è stati insultati o provocati è un atteggiamento incivile e infantile, così come voler dimostrare la propria forza fisica è arrogante, stupido e dimostra molta insicurezza: ci sarà sempre qualcuno più forte fisicamente o più veloce nei movimenti di noi. E’ questo un buon motivo per “sfidare” le altre persone? Se siamo insicuri delle nostre capacità, è forse attaccando i più deboli che diventeremo più forti? Ovviamente no. Quindi concludo questo (lungo) articolo non con una morale, che credo ormai scontata, ma almeno con un consiglio alle lettrici: imparate al meglio i movimenti difensivi del corpo, ma tenete presente che la prima difesa inizia dalla mente.
Bibliografia
Il video dei carabinieri
La Repubblica.it
Colpita con un pugno nel metrò
Litigano nel metrò: donna in coma (video)
Crimeblog.it
La condanna dell’aggressore
Corriere della Sera.it
Pingback: SISTEMA DIFESA FEMMINILE Seminari marzo 2013 a Codigoro: ringraziamenti
Riflessioni sulla “Regola d’Oro” (di Ant, psicologa & Anto, filosofo)
Mi aggancio volutamente alla parte finale dell’articolo di Moreschi per sviluppare una serie di considerazioni in merito alla questione della “autodifesa femminile”.
Condivido in pieno la sua affermazione conclusiva ove dice, infatti, rivolgendosi ad un ipotetico pubblico di lettrici “imparate al meglio i movimenti difensivi del corpo, ma tenete presente che la prima difesa inizia dalla mente”.
In merito al rapporto mente-corpo potremmo scrivere pagine su pagine, ma preferisco adesso continuare il ragionamento in modo diverso, adottando una prospettiva più psicologica o, se volete, socio-filosofica. Questo perché ci permette di inquadrare il problema della autodifesa femminile in modo più pregnante, con un discorso più ampio, che non riguarda solo la singola persona ma dove essa vive e lavora.
Già R. Musil, nel suo ineguagliato romanzo che è stato” L’uomo senza qualità” pubblicato verso il 1930, ricordava, con non poca enfasi che ”Accanto alle strade dove ogni trecento passi una guardia municipale punisce la minima trasgressione all’ordine ed alla legge, ve ne sono altre dove sono necessarie forza ed astuzia come nella foresta vergine”.(USQ – pag. 22 Vol.I / Ed. Gli Struzzi – Einaudi ).
Lo scrittore lo dice in merito al suo protagonista appunto, che si trova coinvolto, suo malgrado, in una banale rissa, ma se ciò era valido allora, tanto più risulta esserlo oggi, nell’epoca contemporanea ove, per futili e banali motivi, (un parcheggio, una lite in discoteca, un’occhiata ad una ragazza, ecc. ecc.) che spesso ascoltiamo nella cronaca quotidiana attraverso giornali e Tv, si commettono efferate scelleratezze e stupide quanto assurde violenze. Spesso, come ricordato puntualmente da Moreschi, al centro di molti gesti emblematici dei mali della nostra società, vi sono purtroppo le donne o, ancor peggio, i minori, gli emarginati o coloro facenti parte di classi non abbienti. Potremmo dire che la mancanza di rispetto e la non tolleranza nei confronti di chi non può o non sa difendersi adeguatamente, è molto evidente nelle nostre città, per non dire in vari ambiti della società tutta. Anche all’interno delle città, e non solo, si commettono crimini e violenze quotidiane, che con un poco di buon senso ed una adeguata educazione si potrebbero evitare. La regola aurea del “non essere lì” diviene allora una specie di “regola per una buona e corretta educazione civica” ossia dei cittadini tutti, ma delle donne in particolare, che si oppongono e si difendono dalla brutalità, dalla barbarie, dalla violenza e dalle molestie, spesso a sfondo sessuale.
L’ultimo clamoroso caso riportato in questi giorni (quello di D.S.K negli Stati Uniti!) ossia uno degli “uomini” più potenti del pianeta, offre una risonanza di livello quasi mondiale sullo stato di inciviltà, rozzezza e stupidità umana, che può portare alle bassezze più squallide, indipendentemente dalla classe sociale sia della vittima che del suo carnefice. E’ inutile che mi soffermi a commentare ulteriormente quanto tutti hanno visto, letto e sentito attraverso i media. Ascoltando e riflettendo su certe cose, rimane solo una sconsolata e sconsolante riflessione “ma in che razza di società viviamo oggi?” – Non esistono più diritti e doveri dei cittadini, degli uomini nei confronti delle donne? E’ importante allora sapersi difendere e cautelare dai nuovi barbari che possono minacciare e fare del male, ledere la mente ed il corpo appunto.
Come ricordava anche il famoso sociologo N. Elìas in un suo saggio “ Le forme pubbliche di comportamento sono indice dello sviluppo sociale ed intellettuale di un paese” – Potremmo aggiungere noi, del suo “senso civico”- La donna è sempre stata nei secoli il cosiddetto “sesso debole” ed in parte, per mille ragioni e motivi, lo è ancora oggi. Ma, insomma, occorre iniziare a sapersi difendere, per difendere la propria incolumità ed i propri diritti, nei confronti di un sesso maschile che non definirei “forte” ma piuttosto infantile, spesso stupido e prepotente, per mancanza sia di civiltà ma anche di educazione e di principi culturali molto duri da rimuovere, anche nella società contemporanea. Sotto il profilo del rispetto femminile e della moralità, sembra che siano stati fatti ben pochi passi o progressi in questi ultimi secoli, ed assistiamo purtroppo, quasi quotidianamente, ad episodi disdicevoli.
Allora la regola aurea ed i consigli espressi da Moreschi, sono frutto di una giusta ed adeguata valutazione dei rischi, dei pro e dei contro che un determinato comportamento può significare, soprattutto per l’immenso pubblico femminile.
Forse dobbiamo, nella nostra mente appunto, iniziare a mettere a fuoco una serie di “strategie difensive” adeguate, che ci permettano, ove non si possa o non convenga
“passare all’azione diretta”, di evitare il peggioramento di una serie di sfortunati eventi o particolari circostanze. In questo mi trovo nuovamente in perfetta sintonia e concordanza con quanto espresso, in altri termini, dall’istruttore di autodifesa femminile. La foresta vergine di Musil è rappresentata dalle nostre città e noi donne, spesso, siamo le “prede” inermi e indifendibili, di un complesso sistema che tende, per forze e dinamiche strane, a schiacciare i più deboli per il vanto e/o predominio dei più ricchi o dei più violenti. Allora incominciamo ad applicare la “regola aurea”, ed a ragionare di fronte alle vicissitudini della quotidianità, senza pregiudizi e false idee, ma consce che il nostro ruolo e la nostra posizione nella società sono anche frutto di come sappiamo porci ogni giorno. L’autodifesa può darci una mano in questo, ma dipende da noi stesse saper valorizzare ed ottimizzare gli insegnamenti dei “maestri” che Moreschi ci insegna nei suoi corsi. Almeno ciò costituirà un primo passo verso la auto-consapevolezza che molte donne oggi incominciano ad avere o della quale necessitano. Io, in quanto donna, psicologa e psicoterapeuta, posso aiutarVi anche a compiere un percorso “mentale” appunto, per rimuovere eventuali “blocchi” o sterili pregiudizi, che spesso si radicano nell’universo femminile e che, giocoforza, portano spesso ad una svalutazione o ad uno sviamento dei rapporti sociali con l’altro sesso.
L’autodifesa deve essere prioritariamente considerata e la mente, così come il corpo, giocano ovviamente, a seconda dei casi e delle circostanze, un ruolo importantissimo.
La collaborazione tra diverse esperienze, conoscenze e discipline, che studiano e valorizzano questo connubio sostanziale, apporta solo benefici ed arricchimento interiore, sia psico-fisico che culturale, per tutte le donne che intendano intraprendere questo percorso. E’ solo attraverso il confronto e la reciproca seria valutazione del proprio bagaglio esperienziale e delle proprie capacità che si può iniziare a “lavorare” su sé stessi e sulla propria natura, sia essa emozionale, affettiva, relazionale o sociale.
Il corso di autodifesa, unitamente ad altre discipline, può essere una buona base di partenza per comprendere meglio il nostro ruolo nella società, nella famiglia e di noi donne in senso lato, nel rispetto dell’intelligenza e della regola aurea sopra ricordata.